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sabato 24 dicembre 2011

CON MOLTO RITARDO UN'ESPERIENZA DEL VANGELO NON POSTATA

Ci sono molte cose da dire sull'O.P.G. più di quanto ci sia tempo per farlo. Per questo motivo invito in particolare i dipendenti (area sanitaria, educativa, amministrativa, di polizia penitenziaria) a scrivermi qualcosa della loro esperienza. Sarebbe tanto più utile e opportuno che anche quando la società civile, il volontariato, la politica si interessano degli O.P.G., concentrano la loro attenzione sugli Internati perché vittime, e mai si chiedono come vivono e lavorano le persone all'interno a fianco degli Internati!  Spesso anzi, passano per carnefici mentre sono, con i limiti di ciascuno, gli angeli consolatori, anche loro vittime del sistema, dell'insufficienza di risorse, del sottoorganico, ecc... Tanti hanno esperienze molto belle o curiose da raccontare. Purtroppo non ho avuto molto successo finora, pur senza perdere la speranza. Proseguiamo con la mia riflessione sul Vangelo vissuto all'O.P.G.
Le letture di questa domenica erano uno schiaffo sonoro verso di noi sacerdoti (1° lettura) e verso “tutti gli scribi e i farisei” di questo mondo. I nostri amici non sono né scribi né farisei, non hanno molta cultura biblica e non allargano i loro fillatèri né allungano le loro frange, né in senso proprio né in quello figurato: i loro atteggiamenti sono più che dimessi, spesso a Messa rimangono seduti quando bisognerebbe stare in piedi. Per mancanza di esercizio, per i chili di troppo, ma soprattutto per la depressione, per gli psicofarmaci, la statura in piedi stanca molti di loro. Ma soprattutto non si curano proprio di fare bella figura. È capitato in questi due anni uno solo che è arrivato un pò con questa intenzione, tanto da scrivermi un giorno un bigliettino dove parlava “dei suoi fedeli (a lui) che erano anche i miei (a me cappellano)” e mi dava consigli come curarli e chi curare. Non gli ho dato molta retta e da allora non è sceso più a Messa fin quando è rimasto con noi.



Quindi non mi sono fermato molto nell’omelia sulla critica di Gesù ai sacerdoti: i nostri amici non esprimono opinioni al riguardo e mi vogliono bene. Se hanno qualcosa da dirmi lo dicono con libertà, se gli sembra che ho favorito qualcuno, ecc., non associando questo al grave problema dei preti indegni.

Ho sfruttato piuttosto l’introduzione che ha fatto Alessio e che trovate nel post precedente, ma soprattutto mi sono servito dell’immagine che avevamo messo pochi minuti prima a sfondo dell’altare nel teatro, e che è anche il primo pezzo della Cappella esterna. ( si tratta dell'immagine che sta sul post: Cappella esterna, work in progress)


La tunica di Gesù è rossa e il suo mantello blu. Il rosso significa la divinità, fuoco che brucia, illumina, purifica, riscalda, che impedisce di avvicinarsi senza coinvolgersi. Il blu è il colore dell’umanità che Dio ha assunto incarnandosi in Gesù. Il Verbo non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso, svuoto sé stesso, assumendo la forma di uomo, apparendo come servo, obbediente, fino alla morte, e alla morte di croce, ci dice san Paolo scrivendo alla comunità di Filippi. Rivestendosi di umanità si rivestì di umiltà. 

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