Visualizzazioni totali

sabato 24 dicembre 2011

Ci Scrivono... Risponde Frà Sereno

ci scrivono.ci scrivono.carissimi amici, volevo chiedervi un aiuto, mio fratello che e' disabile psichico e' stato condannato a 14 mesi di carcere per aver lanciato un sasso in un autobus ... volevo sapere se posso parlare con il direttore dell'opg di  Napoli per fargli scontare la pena in alternativa al carcere!! in attesa di risposta vi saluto e vi ringrazio!!

***


  Carissimo Giuseppe, scusa il ritardo a risponderti. Non avevo controllato la posta del Blog da molto tempo.



L'assegnazione a un O. P. G. o a una pena alternativa piuttosto che ad un carcere convenzionale non dipende dal Direttore dell’O. P. G. Devi farti aiutare da un valido avvocato.

Riguardo all’O. P. G., devi considerare che l’internamento in O. P. G. non è la soluzione migliore nella maggior parte dei casi per via della misura di sicurezza.



Se qualcuno viene condannato a una pena di carcere, specie se incensurato e imputato per un reato relativamente leggero, gli conviene fare il suo tempo di detenzione o puntare agli arresti domiciliari e poi, scontata la pena, è veramente libero.

Se il giudice gli impone invece una misura di sicurezza, fin quando non è considerato come guarito o comunque senza pericolo di recidiva, rischia, di proroga in proroga, di passare la sua vita in O. P. G.. benché “assolto” (prosciolto) perché incapace di volere e intendere.


È un paradosso tutto italiano e veramente crudele per degli ammalati perché, la detenzione attenuata in O. P. G., il trattamento migliore e la dedizione del personale compresi gli agenti di polizia penitenziaria, non compensa la privazione di libertà. La libertà è il bene più prezioso e la migliore condizione per guarire dalla malattia mentale. Libertà non significa abbandono. La libertà di un ammalato mentale deve essere sostenuta e accompagnata, come e più di quella di tutti gli altri esseri umani.

Bisogna veramente avvertire tutti, specie familiari, forze dell’ordine, vicini di casa, che sporgere denuncia penale contro un ammalato psichico lo fa entrare in un meccanismo da dove difficilmente esce. E quindi deve essere l’ultimo ricorso.


Alcune famiglie, stanche delle difficoltà continue create dal membro ammalato, pensando di “dargli una lezione”, di “fargli capire” cadono nella trappola della denuncia. Pensano che sarà trattato come un imputato normale e quindi farà un mese di carcere poi tornerà a casa. Ahimè!


Se un ammalato mentale viene denunciato per violenze contro i genitori anziani per esempio, magari gonfiando la violenza subita, il giudice, anche se si ritira la denuncia, logicamente non può più permettere a questo fratello di ritornare a casa, dove potrebbe riprendere le violenze ...


Man mano che viene meno il buon costume cristiano che spinge a “portare i pesi gli uni degli altri!”, e il vivere comunitario per cui l’altro, anche se bizzarro, è parte della mia comunità, è parte di me, c'è sempre meno tolleranza per i comportamenti devianti, fastidiosi. Più facilmente i vicini sporgono denuncia anche quando, oggettivamente, la situazione è gestibile. Forse se, chi sporge denuncia sapesse a cosa espone il suo prossimo ammalato (e certamente fastidioso nei suoi comportamenti) lo farebbe con molta più ponderatezza.


Invece di incarcerali, di cercare una discarica sociale, gli ammalati psichici vanno amati e curati per quello che sono: ammalati. Vanno lasciati il più possibile nel loro ambiente. Possono creare problemi da valutare con serietà per proteggere la società e loro stessi dai danni che potrebbero procurare ai beni e alle persone. Un malato mentale, anche se non ha colpa volontaria perché non in grado di controllarsi, si rende conto di quello che ha fatto e prova il senso di colpa come e più di tutti . Quindi non c'è solo il danno creato agli altri, ma anche un peso sulla coscienza e la psiche dello stesso ammalato. Ma l’internamento in O. P. G. è, nella maggior parte dei casi, totalmente sproporzionato sia al reato commesso, sia, nel caso di reati più gravi, alla condizione personale di non piena responsabilità.



 Di frequente, purtroppo, l’internamento in O. P. G. è preferito per insufficienza dei servizi sul territorio e di capacità del tessuto sociale di aiutare i deboli. E devo costatare con molta amarezza, casi alla mano, che, almeno a Napoli, alcuni fratelli internati stanno meglio all’O. P. G. che altrove.


Non dici dove è incarcerato il tuo fratello né di dove siete. Io spero che non lo vedrò mai tra gli internati dell’O. P. G. di Napoli ma che saprò presto, invece, che sta in una comunità o semplicemente a casa sua e ben curato.
 
Vi auguro di rimanere tra i nostri amici. 

Nessun commento:

Posta un commento