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sabato 24 dicembre 2011

Chi sono gli amici dell’O. P. G.? (2)

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di Fra' Sereno

amici carissimi sono le famiglie degli internati.
Non formano nessun gruppo di pressione come fanno altre famiglie di detenuti. Abbiamo capito che tra i ricoverati degli O. P. G. non ci sono delinquenti, ma solo malati. Spesso la radice della malattia sta nella famiglia stessa. Talvolta altri membri sono colpiti dalla malattia mentale o borderline. In altri casi il bambino piccolo ha vissuto episodi di abbandono, di separazione, di violenza, di forte disagio. Una famiglia che è toccata in questo modo così intimo non alza la cresta non si costituisce in associazioni, tanto meno chiassose. Spesso le famiglie portano un forte senso di colpa proveniente da errori passati o soltanto per la riprovazione sociale subita e l’emarginazione del loro figlio perché diverso, perché ha un comportamento che disturba, prima ancora del fattaccio del delitto che ha portato alla denuncia.
Alcune famiglie sono meravigliose e sostengono in modo mirabile questo loro congiunto sofferente. Altre lo rifiutano sopratutto quando il fatto è stato una violenza commessa nella famiglia stessa. Alcuni ricoverati sono stati denunciati dai propri familiari, talvolta dai genitori stessi. Alcune volte la denuncia è stata un atto di grande coraggio da parte dei genitori per salvare un figlio da un esito peggiore, altre volte sembra che sia stato frutto di insofferenza. Molte assenze della famiglia sono dovute a fattori più oggettivi, come la distanza. Ci sono solo 6 O. P. G. in Italia e quindi una coppia anziana di genitori pugliesi o sardi dovrà andare a Napoli per un colloquio di mezz’ora! Ho visto una mamma coraggiosa venire da Rimini col treno, prendere il pulman dalla stazione centrale di Napoli fino a Secondigliano…
C'è anche la famiglia che approfitta della pensione del ricoverato…

Nelle famiglie dei ricoverati ci sono persone che appartengono veramente ai piccoli del Vangelo e che, intuitivamente o con una fede esplicita, si sono messe alla scuola del Maestro Gesù che dice: “imparate da me che sono mite e umile di cuore, venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi ristorerò”. (Matteo 11).
Sono sempre storie di sofferenza molto grande. Lì più che altrove vale il divieto di Gesù di giudicare.
Sarebbe però utile che le famiglie dei ricoverati potessero avere voce nel dibattito attuale, perché il punto è che, pur preservando la sicurezza della società e delle persone contro quello che può commettere un ammalato mentale, non ha senso che tali persone stiano in strutture e sotto regime giudiziario, e ancora di più non ha senso che per i delitti minori esistano le proroghe alla misura di sicurezza. Non si possono fare 19 anni di carcere e più per una “rapina” di 3,5 € ( 7000 lire nel 1992)!

Spesso le famiglie che si incontrano in attesa del colloquio familiarizzano e si aiutano il più che possono. Forse anche lì potrà essere opportuno organizzare questa solidarietà reciproca.

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