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lunedì 21 maggio 2012

UNA RIFORMA A COSTO ZERO PER UN'ITALIA MIGLIORE

L'episodio che voglio raccontare ha i connotati particolari degli O. P. G. ma riguarda tutti gli istituti penitenziari.
Un nostro amico, che chiamo Antonio, oggi è una persona perfettamente innocua grazie alla terapia che segue e viene ammesso a vari benefici, come le uscite accompagnate. Ad inizio aprile lo porto, assieme ad altri otto, a fare una gita sulle falde del Vesuvio con pranzo in una parrocchia dei dintorni. Usiamo un normale pulmino e non il cellulare delle trasferte verso i tribunali. Ci sono quattro accompagnatori. Nessuna guardia penitenziaria. Non ce n'è bisogno.
Pochi giorni dopo, la mamma, ammalata da tempo, precipita, e la famiglia chiede che Antonio venga a vederla un’ultima volta. Ma il Giudice di Sorveglianza è assente per un motivo legittimo e solo lui può dare la licenza. La mamma muore mentre si aspetta con
trepidazione la licenza che non arriva nemmeno per il funerale. Arrivata la licenza si aspetta ancora vari giorni che la scorta sia disponibile. Così, per una settimana (!!!) nessuno osa dire ad Antonio della morte della mamma per timore della sua reazione (tendenze autolesioniste) mentre non si può annunciargli la consolazione di una visita al cimitero.
Se un ricoverato ha un problema di salute urgente che non si può affrontare all’interno dell’O. P. G., anche i gradi inferiori della gerarchia possono organizzare un trasferimento in un ospedale civile.
Per un diritto umano fondamentale come l’ultima visita ad un genitore morente o, almeno, partecipare al funerale con i familiari in lutto, nessun grado interno dell’O. P. G. può autorizzare una trasferta, anche se il soggetto non presenta rischi di fuga o di comportamento pericoloso.
Tutto deve essere autorizzato preventivamente dal Tribunale di sorveglianza.
È semplicemente assurdo! Ma così è la Legge!
Però questa Legge è un affronto ai diritti primari della persona umana e anche alla dignità e competenza del Direttore d’Istituto. Un Direttore non può essere considerato incompetente riguardo ai diritti dei ristretti e alla sicurezza, né può essere considerato una persona così sprovveduta da rischiare la sua carriera per un permesso infondato.
Prima di fare il frate ho lavorato nel servizio di revisione contabile di una ditta multinazionale. Eravamo mandati nelle filiali a verificare e certificare i bilanci e le procedure di lavoro. In una ditta i soldi interessano a tutti, eccome! E non si chiede mica un certificato di santità per lavorare in azienda. Eppure, tutto il controllo si faceva a posteriori, mai a priori. Durante l’anno c’erano contatti ai vari livelli dell’azienda e resoconti di gestione mensili. Noi come controllori, già informati di questi vari contatti, venivamo dopo e, in alcuni giorni di lavoro intenso, riuscivamo a vedere tutto e anche a migliorare i metodi di lavoro amministrativo e la loro sicurezza senza appesantire l’attività propria della ditta.
Penso che la legge attuale per le carceri debba essere modificata, nel senso di controllare a posteriori, da parte del Tribunale di Sorveglianza, i benefici normali che spettano ai detenuti, ordinari o straordinari, .
Non costerebbe nulla allo Stato, anzi, oltre il risparmio di qualche comunicazione e carta supplementare via fax, ecc., la maggior serenità e umanità delle condizioni di detenzione permetterebbe un risparmio, certamente difficilmente quantificabile, ma sicuro, in psicofarmaci, tensioni psicologiche, cure mediche, ecc., per i detenuti innanzitutto ma forse anche per le famiglie, il personale, e tutta la società.
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