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lunedì 19 marzo 2012

PRIMAVERA FUORI


Ci sono cose delicate dentro il carcere ma purtroppo sono molto di più fuori, anche appena varcato i cancelli, come gli alberi in fiore che vi faccio vedere. Normalmente non sono accessibili agli internati. Abbiamo approfittato della bella giornata di sabato scorso facendo un giro con un piccolo gruppo di loro sul territorio della parrocchia di s. Castrese a Marano. L’espressione: approfittare della bella giornata, non ha esattamente il senso che può avere per noi, alzandoci di sabato mattina e dicendo: "che bella giornata!, facciamoci una passeggiata". È capitato felicemente che la nostra uscita è coincisa con una bella giornata. Infatti era stata fissata giorni e giorni prima con un andirivieni di carte e autorizzazioni, relazioni precedenti e quelle che seguiranno, senza parlare dell'aspetto organizzativo inevitabile per un gruppo, che per giunta è formato di ammalati. Oltre, dicevo, l’aspetto organizzativo e anche prudenziale inevitabile per un’attività di gruppo e per un gruppo di ammalati mentali in cura, partendo da un carcere c'è un sovrappiù di burocrazia, spesso totalmente inutile ai fini della sicurezza e del reinserimento futuro.
Prima della vocazione alla vita religiosa ho lavorato nel servizio interno di audit (controllo amministrativo e contabile) di una multinazionale. Certamente era una funzione importantissima per la ditta e veniva esercitata con enorme preoccupazione di efficienza: infatti i soldi per una ditta non sono una cosa secondaria e non
si presumeva mai che i dipendenti avessero il patentino di onestà a tutta prova per essere assunti. Ma avevamo dei mezzi globali di controllo durante l’anno e poi, a posteriori, facevamo dei controlli accurati, anche accompagnati da eventuali sanzioni. Mi pare che l’impostazione dei tribunali di sorveglianza dovrebbe ispirarsi di più a questa filosofia e cercare di sottomettere l’uomo alla legge e alla burocrazia solo nella misura in cui la legge serve la persona. Mi sembra il buon senso e anche il buon senso del Libro che leggo ogni giorno.
Questa riflessione non è una critica verso l’impegno del (dei) giudice di sorveglianza, ma verso il sistema.
Non sono un esperto in materia di diritto penale ma mi sento confortato nel concetto del controllo solo a posteriori da parte del tribunale di sorveglianza per le autorizzazioni di routine, per aver sentito esprimere la stessa riflessione in televisione da un direttore d’istituto penitenziario, presidente di un’associazione di direttori d’istituti penitenziari.
Qual è la differenza? Con il controllo a priori, più facilmente può incepparsi il meccanismo, e saltare inutilmente un beneficio al quale un detenuto o un internato ha diritto. E sulla pelle di una persona umana privata della sua libertà, perdere un permesso, un beneficio, non poter andare ad una riunione di famiglia, non poter partecipare ad una uscita che è stata promessa, ecc., fa molto male. Chi sta a fianco dei ristretti lo vede e lo sente.

Tra le meraviglie delicate che abbiamo trovato fuori c'è stato anche quella di un gruppo di giovani della parrocchia di s. Castrese che stava facendo le prove per uno spettacolo musicale con talento e materiale di tutto rispetto. Abbiamo chiesto se uno dei nostri amici che ha fatto 4 anni di conservatorio, poteva mettersi un po’ alla tastiera e farci vedere le sue capacità. Ha lanciato il titolo di un paio di brani chiedendo di essere accompagnato. È stato un bellissimo momento. Come diceva un libretto presente lì, del Sermig di Ernesto Olivero, a proposito della musica: il Sermig da sempre ha molto investito nella musica perché la musica permette di mettere in comunione in modo efficacissimo persone di lingue e culture diverse. E' proprio vero.

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