La domanda è provocatoria ma la risposta, in alcuni casi è
affermativa. Grazie a Dio sono pochi. La maggior parte sta molto meglio fuori dall'O. P. G. Se qualcuno ritorna di propria
volontà più che mai le ragioni devono essere cercate nel percorso molto personale
di ognuno.
Nonostante questo, due schemi si ripetono:
Il primo è che il carcere è fatto per accogliere dei
condannati, quindi deve accettare le persone così come sono. L’O. P. G. di Napoli
si sforza, con grande merito, di proporre dei percorsi riabilitativi, ma il DNA
di un carcere è il contenimento. E colui che vuole poltrire o ha capacità troppo
limitate di impegno in un progetto può sentirsi più accettato in una struttura come
il carcere. La comunità invece è fondamentalmente rivolta al “programma”
rieducativo. Per cui, con tutta la pazienza e l’amore che possono avere gli
operatori per le persone concrete, qualcuno dei nostri malati può sentirsi non
all’altezza non in armonia con questo orizzonte di riabilitazione. Qualche ex
ospite dell’O. P. G. che è rimasto in contatto con me si è lamentato di essere “maltrattato”
semplicemente per il programma di vita comunitario.
Il secondo è che la professionalità di cui parlavo nel post
precedente può essere talvolta più facilmente assicurata e più facilmente
controllata quando gli operatori fanno parte di un “corpo” che in una struttura
“privata”. Ci sono stati alcuni casi dove si è visto che lo scopo della struttura
che ha accolto un nostro paziente era troppo indirizzato al lucro per esempio.
Poi ci sono tutti gli altri casi, particolare alla storia di ogni paziente.
Anche nel caso di rigetto da parte della famiglia o del vicinato le cause sono
varie. Certamente un profondo senso di carità cristiana nelle famiglie o nelle comunità
paesane, parrocchiali è un tesoro che purtroppo si è spesso perduto in questi ultimi
decenni.
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Grazie
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